In queste poche righe vi dimostrerò che il PD è un grande partito, forse il più grande oggi esistente al mondo. Devo però premettere che uso il termine grande come aggettivo qualitativo a differenza di coloro che potrebbero pensare di usarlo come aggettivo quantitativo o, addirittura, come sostantivo (nel qual caso partito diventerebbe sinonimo di andato).
Sono molti gli elementi che si possono portare a sostegno di questa tesi.
Partiamo dall’attualità e cioè dal rapporto da tenere oggi nei confronti dei 5Stelle. Senza entrare nel merito della questione, e cioè se sia giusto o opportuno aprire ad un governo con i medesimi, ci limitiamo a registrare le diverse posizioni. Attraverso le dichiarazioni fatte ad oggi da numerosissimi esponenti del partito possiamo dire che la posizione del PD è la seguente:
- Molto d’accordo
- Abbastanza d’accordo
- D’accordo
- Contrario
- Totalmente contrari
Cioè, detto in altri termini: con loro non ci si siede nemmeno al tavolo; almeno per educazione sediamoci al tavolo tanto non se ne fa niente; già che siamo al tavolo sentiamo cosa ci propongono; già che siamo al tavolo avanziamo le nostre proposte e vediamo cosa dicono; visto che sono la nuova sinistra proviamo a trovare un accordo; visto che sono la nuova sinistra facciamo l’accordo con loro senza se e senza ma.
Ciascuna di queste posizioni è sostenuta da un micro capo di una micro corrente che, ovviamente, dichiara la sua posizione pubblicamente come se fosse, o dovesse essere, quella dell’intero partito.
Dove lo trovate un partito più aperto, plurale, pluralista, liberale, libertario, fluido, liquido, possibilista?
E questo vale non solo per il rapporto con i 5Stelle ma per qualsiasi tema all’ordine del giorno: scuola, mercato del lavoro, interventi militari, legge di bilancio, ecc.
In tutti gli altri partiti del mondo al massimo viene tollerata una minoranza rispetto a una maggioranza. In altri chi dissente viene espulso. Anche i partiti organizzati in correnti avevano un numero comunque limitato di correnti, basate su un qualche ideale “alto”, almeno a parole.
Il PD ha un numero di micro correnti tendente a infinito, tanto che un amico meteorologo mi suggerisce di chiamarli spifferi per rispetto alle leggi della fisica.
Una volta iscritto o eletto tu puoi dire, fare, pensare quello che vuoi con la certezza che non verrai mai espulso. Ne sanno qualcosa Bersani e company che hanno fatto di tutto, ma davvero di tutto (tipo votare sistematicamente contro il proprio governo) per farsi cacciare e non ci sono riusciti: alla fine, mestamente, hanno dovuto fare l’ennesima scissione nella storia della sinistra. Il PD è l’unico al mondo che riesce ad avere contemporaneamente tante maggioranze e tante minoranze
Se in Africa tutte le mattine una gazzella si alza e comincia a correre… in Italia tutte le mattine un esponente del PD si alza e comincia a dichiarare (ai giornali, alle televisioni, sui social) qual è la posizione del partito e, ovviamente, ognuno dice la sua.
Questo è molto positivo per almeno due ragioni.
Primo perché conferma il carattere plurale, pluralista, libero, liberale, democratico, ecc. ecc, del partito.
Secondo perché rende molto più semplice il processo decisionale. Infatti fino a poco tempo fa i grandi partiti di massa per definire la loro linea dovevano confrontarsi negli organi: congresso, assemblea, direzione, segreteria. Nel chiuso e nel segreto delle stanze discutevano per ore e ore (da cui l’espressione culi di pietra) e alla fine trovavano una linea più o meno unitaria. Una procedura lunga, faticosa, poco moderna e in linea con le tecnologie. Infatti i partiti più moderni, da Forza Italia ai 5Stelle, hanno proprio abolito tutti questi organi ormai inutili. Il PD si è limitato a cambiarne la funzione: da luogo di confronto, se necessario anche duro, a luogo della conta formale del peso dei capi spifferi. Al congresso, all’assemblea, alla direzione non si va per discutere e trovare una linea comune ma semplicemente per contarsi. Le posizioni infatti sono note in anticipo perché rese quotidianamente pubbliche da ogni capo spiffero e comunque restano uguali anche dopo la discussione negli organi; a queste riunioni ci si va non in quanto portatori di idee da confrontare ma in quanto portatori di voti predeterminati; del resto anche al congresso prima devi dichiarare di quale “mozione” sei e poi cominci una discussione assolutamente inutile; ma del resto anche quando ti iscrivi la prima cosa che ti chiedono è a quale spiffero intendi aderire.
Anche se per certi aspetti ricorda il famoso Comma 22 tutto questo rende certamente più veloce e meno drammatico il confronto e il processo decisionale, però c’è un inconveniente. Come si fa a dare conto di un numero così ricco ed articolato di posizioni?
La soluzione è stata trovata da una commissione di professori universitari questa volta non guidata dal Professor Giacinto Della Cananea, ed è quella che i metodologici chiamano scala Likert: per ogni decisione da assumere in qualsiasi organo del partito viene consegnata una scheda a risposta multipla dove mettere la crocetta. Per qualsiasi argomento in discussione le risposte previste sono:
- Molto d’accordo
- Abbastanza d’accordo
- D’accordo ma non troppo
- Abbastanza in disaccordo
- In disaccordo ma non troppo
- Molto in disaccordo
- Se passa questa me ne vado
Un’altra commissione di professori d’area sta discutendo sul peso relativo da dare a ciascuna di queste voci perchè, come si sa, in politica i voti si pesano e non si contano.
Davvero un grande partito.
La domanda però che sorge spontanea a questo punto è perché il popolo non apprezzi molto di più la grandezza e il pluralismo del PD e non lo voti in massa. E’ molto difficile trovare un argomento sul quale almeno un pezzo del partito non sia d’accordo con te qualsiasi posizione tu abbia. Che senso ha astenersi quando si può votare PD?
Forse l’unica spiegazione sta nel marketing e nella sindrome dell’ipermercato. Ci sono consumatori che posti di fronte a una gamma troppo ampia di scelte, per esempio centinaia di tipi di biscotti, entrano in ansia e, alla fine, non ne comprano neanche uno. Vanno dal fornaio sotto casa e si fanno dare il primo biscotto che il panettiere gli rifila.
O tempora o mores.
In parte d’accardo