Di solito si parla di legge elettorale a fine legislatura quando la maggioranza uscente promuove una nuova legge nella speranza (spesso delusa) di essere riconfermata. Questa volta se ne parla a inizio legislatura per il combinato disposto della (inopinata) riduzione del numero dei parlamentari e per la richiesta di referendum per l’abolizione della quota proporzionale dell’attuale legge, presentata dal centro destra. La particolarità della situazione non modifica però lo scontro tutto ideologico che si è già aperto tra i sostenitori del maggioritario o del proporzionale, anche tra chi, nel frattempo ha cambiato opinione.
Secondo alcuni l’unico sistema veramente democratico è quello maggioritario perché chi prende un voto in più governa e la sera stessa delle elezioni si sa già chi governerà.
Secondo altri l’unico sistema veramente democratico è quello proporzionale perché da una rappresentazione puntuale degli orientamenti e delle volontà degli elettori.
In sintesi: il maggioritario garantisce la governabilità; il proporzionale garantisce la rappresentatività.
Il confronto è sempre ideologico per una pluralità di ragioni. Intanto non esiste una legge elettorale ottimale. Se esistesse dopo decenni di democrazia in centinaia di paesi tutti avremmo più o meno la stessa legge, quella veramente democratica, e così non è.
In secondo luogo non si tiene conto delle evidenze empiriche: la storia, anche recente, ci insegna che non sempre il maggioritario garantisce quella governabilità che dovrebbe essere il suo pregio principale.
In terzo luogo non ha alcun senso confrontare maggioritario con proporzionale perché esistono diversi tipi di maggioritario e anche di proporzionale. Un conto è un maggioritario secco a turno unico, altro è un sistema maggioritario a doppio turno. Così come è diverso un sistema proporzionale con soglia di sbarramento al 5% da un sistema con soglia al 2%.
Infine, ultima componente ideologica del dibattito appena avviato, è che le leggi elettorali si fanno insieme perché attengono alle regole generali che riguardano tutti. Non è mai stato così. Tutte le leggi sono state fatte almeno con il retro pensiero che in qualche modo avvantaggiassero chi le votava.
Non mi soffermo sui sistemi misti, di cui siamo maestri, in cui un sistema maggioritario viene corretto da una quota proporzionale o, viceversa un sistema proporzionale viene corretto da una quota maggioritaria, perché concordo con Panebianco quando sostiene che i sistemi misti di solito assommano gli aspetti peggiori dei due sistemi puri.
Bisognerebbe tener conto di un dato empirico molto semplice. La legge elettorale è una componente rilevante, ma non l’unica, di una competizione elettorale. Nella competizione elettorale contano i rapporti di forza di chi è in condizione di imporre un sistema piuttosto che un altro, ma soprattutto contano i sentimenti, gli orientamenti, i voti degli elettori che spesso sono in grado di ribaltare quanto ipotizzato dal legislatore.
Quando verremo al dunque nelle prossime settimane vedremo quali sono gli orientamenti reali dei singoli partiti sulla base dei loro specifici interessi di oggi e non sulla base di preferenze astratte o ideali. E in questo non c’è veramente nulla di scandaloso perché è sempre stato così e sarà sempre così in quei paesi, come il nostro, dove la legge elettorale cambia continuamente e non è un dato stabile e condiviso da tutti i partiti.
Anche la questione delle coalizioni e del peso dei partiti minori è spesso trattata in modo astratto e poco realistico. E’ vero che un sistema maggioritario impone di formare le coalizioni prima del voto (attenzione però al modello a doppio turno nel quale si converge negli ultimi quindici giorni su uno dei due candidati che hanno avuto più voti, senza dar vita a vere e proprie coalizioni) ma è anche vero che le coalizioni, per vincere, imbarcano una serie di partiti minori che poi faranno valere il loro peso se non altro come veto player. In un sistema proporzionale con soglia di sbarramento al 5% i partitini restano fuori dal gioco e le coalizioni praticabili sono sempre un numero ridotto.
Quello delle coalizioni è un tema centrale perché ormai nessun partito è in condizioni di governare da solo e su questo certamente il modello elettorale influisce notevolmente. Un conto è dover costruire la coalizione prima delle elezioni, altro è poterlo fare dopo, a risultati consolidati. Ma questo non fa altro che spiegare perché in questo momento il centro destra è per il maggioritario mentre gli altri partiti guardano preferibilmente al proporzionale.
Un tema infine sul quale nessuno riflette e discute sono le distorsioni e il disorientamento degli elettori che deriva dall’avere modelli elettorali diversi a seconda dei livelli di governo: maggioritario a doppio turno per le (grandi) città; maggioritario secco per le regioni; sistemi misti di varia natura a livello nazionale. Gli elettori faticano a capire perché alcuni partiti siano alleati a livello locale e nemici a livello nazionale o viceversa, e non hanno tutti i torti.
(già apparso su mentepolitica.it del 9.10.19)