Che fare?

Nel pezzo precedente abbiamo cercato di capire le ragioni del successo degli attuali partiti di governo nonché le responsabilità sociali e culturali che vanno al di là delle responsabilità politiche dirette dei partiti politici ma non per questo sono meno rilevanti nello “spiegare” la situazione attuale.

In questo pezzo cercheremo di capire cosa si può fare per sconfiggere in tempi ragionevolmente brevi il governo del cambiamento in peggio ma, soprattutto, il consenso popolare che lo sostiene.

Come mia abitudine e per rispetto delle mie limitate competenze non proporrò una ricetta esaustiva e vincente ma mi limiterò a mettere in evidenza le leve sulle quali occorre intervenire per costruire un’opposizione davvero efficace.

Oltre ad una battaglia a tutto campo e in tutte le sedi contro l’ignoranza assunta come valore mi pare siano sostanzialmente tre i piani principali di riflessione:

1)    Le contraddizioni profonde in seno alla maggioranza di governo

2)    I nuovi valori alternativi al volgarismo chiuso e provinciale

3)    Una diversa offerta politica

 

Le contraddizioni del governo

Lega e 5Stelle, e i rispettivi dirigenti, hanno dimostrato di avere delle straordinarie affinità elettive e forti punti di convergenza ma i blocchi sociali che li hanno votati, al contrario, nascondono profonde differenze pronte ad emergere nel momento in cui i singoli provvedimenti del governo inevitabilmente privilegeranno (o puniranno) più gli uni che gli altri e le eventuali macro compensazioni sistemiche non saranno apprezzate dagli elettori.

Una prima distinzione, se volete banale ma storicamente sempre presente, è tra ricchi e poveri, tra benestanti e indigenti. La Lega rappresenta certamente i primi: operai specializzati, dipendenti garantiti, commercianti, artigiani, piccoli e medi imprenditori danno vita con il loro lavoro, impegno, reddito a due delle regioni più ricche di tutta Europa. Non solo non hanno intenzione di perdere nulla del loro benessere ma anzi vogliono esplicitamente aumentarlo con meno tasse, mano d’opera (anche extra comunitaria) flessibile, facilità di esportazione.

Viceversa i 5 Stelle coagulano attorno a sé il disagio sociale, lo scarso spirito imprenditoriale, una forte disoccupazione non solo giovanile da cui nasce una richiesta esplicita di assistenzialismo.

I primi sono a tutti gli effetti partito del nord, i secondi del sud, laddove il sud esprime da sempre un elettorato straordinariamente volatile e comunque nord e sud rappresentano due culture, due mondi ad oggi ancora difficilmente conciliabili. Pensare che gli elettori del nord siano disposti a rinunciare a loro risorse per dedicarle “ai meridionali che non hanno voglia di lavorare” mi pare quanto meno improbabile. I 5Stelle sono pauperisti ed hanno un orizzonte di decrescita felice e di contrarietà alle grandi opere che accompagnano i processi di crescita e di sviluppo mentre gli elettori della Lega vogliono le grandi opere proprio perché garantiscono sviluppo, crescita, occupazione, benessere materiale.

Entrambi si dichiarano contro i privilegi ma hanno idee diverse su cosa siano i privilegi. Penalizzare le pensioni sopra i 4.000 euro netti al mese probabilmente non tocca nessun elettore grillino mentre tocca diversi elettori della Lega. Per non dire dei loro amici magistrati che vanno in pensione con 9.000 euro netti al mese.

Sottolineare sempre e comunque tutte queste contraddizioni strutturali e di classe è un modo per intaccare la tenuta del governo che si troverà particolarmente in difficoltà nel momento in cui dovrà allocare risorse scarse privilegiando l’uno o l’altro blocco sociale. Pur con tutte le alchimie contabili le risorse restano scarse, gli interessi di fondo divergenti e, oltre un certo limite, demagogia e propaganda non saranno più in grado di coprire le profonde differenze di radicamento sociale e quindi di consenso.

I nuovi valori

Uno dei pericoli più gravi che sta correndo tutta l’attuale opposizione è quello di contrapporre ai valori del volgarismo i vecchi valori del passato tale per cui ci troviamo di fronte al paradosso che chi interpreta posizioni antiche e superate dalla storia (sovranismo, populismo, giustizialismo, naturalismo, ecc.) appare come nuovo mentre chi è convinto di rappresentare i valori più moderni (Europa, apertura, garantismo, diritti civili, sviluppo sostenibile) appare un retrogrado reazionario.

Attenzione però che riproporre in maniera nostalgica i valori tanto di destra che di sinistra è in sé perdente. Socialismo e liberismo, intesi in senso lato e come sistemi di valore, hanno dato quello che potevano dare nel corso del ‘900. Oggi grazie alla globalizzazione, al contenimento delle guerre, alla rivoluzione digitale tutto è cambiato e sono cambiati i valori delle giovani generazioni. La lotta di classe, il conflitto tra capitale e lavoro non è più l’asse portante sul quale costruire le polarizzazioni politiche.

I giovani delle nuove generazioni sono e si sentono cittadini del mondo.

Sono nativi digitali costantemente interconnessi in maniera globale.

In larga parte sono scesi dall’ascensore sociale (contando anche sull’assicurazione immobiliare dei genitori) e preferiscono vivere la loro vita di esperienze e significati piuttosto che accumulare denaro non finalizzato.

Non disdegnano le diseguaglianze sociali quando queste sono frutto di libere scelte (part time, lavoro intermittente e occasionale, lunghi sabbatici, ecc.) magari per nulla coerenti con i loro percorsi di studio.

Hanno a cuore il rispetto dell’ambiente e il rispetto dei diritti civili più che quelli, in qualche modo esclusivi, dei vecchi lavoratori garantiti

Non riproducono la famiglia naturale (i single sono sempre più numerosi) e rispettano criticamente l’evoluzione della scienza.

In altre parole non si identificano con i partiti classici della sinistra e della destra e non trovano risposte soddisfacenti nei partiti della nuova destra radicale (Lega e 5Stelle) se non su qualche singola issue.

Ma soprattutto sono così lontani dalla politica, dalla lotta, dall’azione collettiva che non perdono nemmeno tempo a contestare il sistema: cercano la loro strada nell’Italia o nel mondo (altro che fuga dei cervelli).

 

E’ possibile che il sistema di valori che ho cercato di delineare rappresenti solo una nicchia di giovani e, ad oggi, non la loro maggioranza. Quel che è certo però è che nessuno rappresenta esplicitamente e programmaticamente questi valori o dimostra di prenderli seriamente in considerazione, ragion per cui il loro comportamento elettorale è erratico oppure si rifugia nell’astensionismo quasi militante.

Pensare di ricostruire un’identità collettiva della sinistra (ma non solo) con la conservazione anziché con lo sforzo consapevole di cercare di interpretare i valori delle nuove generazioni è operazione miope e perdente che lascia aperte grandi autostrade a chi oggi ci governa.

 

L’offerta politica

Il giorno del voto gli elettori scelgono con modalità e motivazioni molto diversificate: pochi scelgono convintamente il partito in cui si identificano in toto; alcuni scelgono il partito che sembra più vicino ai loro valori e ai loro interessi; alcuni scelgono il meno peggio; altri scelgono turandosi il naso per contrastare il partito o i partiti che proprio non sopportano; altri, per protesta votano per un partito lontano da quello per cui votavano in precedenza; altri infine (e ormai sono sempre più numerosi) non votano affatto.

I risultati delle elezioni di marzo e tutto quello che è successo in seguito rendono assolutamente plausibile l’ipotesi che se non cambia sensibilmente l’offerta politica, e cioè i partiti che gli elettori possono scegliere, esistono elevate probabilità che i partiti attualmente al governo mantengano o addirittura rafforzino il loro consenso.

Non si può contare più di tanto sul rientro del voto di protesta perché comunque sarà compensato da quelli che decideranno di salire sul carro dei vincitori.

Ci vuole un’offerta politica veramente nuova che, nel rianimare lo zoccolo duro che ancora resiste non ostante tutto, sappia proporre più che un nuovo programma dettagliato, una nuova visione del mondo e un nuovo sistema di valori. Per vincere non basta essere anti, bisogna essere orgogliosamente pro qualcosa di accattivante.

Non sta a me dire come debba riconfigurarsi l’offerta politica: se con Fronti europeisti, con nuovi partiti o con nuove alleanze tra vecchi partiti. Quello che è certo è che qualsiasi nuova offerta passa attraverso un ricambio radicale della intera attuale classe dirigente intesa nel senso più ampio possibile e non certo limitata al solo leader. Troppi micro leader burocrati di partito pensano solo alla loro rielezione, alla loro micro corrente e non vedono che la politica oggi richiede ben altro spessore e ben altro pensiero.

 

In chiusura ricordo che esiste anche la possibilità che, di fronte ad un’opposizione sostanzialmente imbelle, i partiti di governo riescano a farsi molto male da soli fino ad arrivare a rompere il loro sodalizio. Un esito che personalmente non auspico anche se lo considero possibile, per almeno due ragioni. La prima è che questo scontro avrebbe inevitabilmente costi elevati per il Paese e non solo dal punto di vista economico. La seconda è che una soluzione di questo genere nasconderebbe la pochezza complessiva della attuale opposizione e la sua incapacità di cambiare davvero.

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