Cronache grilline 1

In un precedente articolo, apparso alla vigilia delle elezioni in Abruzzo, ho sostenuto la tesi che i 5 Stelle abbiano intrapreso un percorso di declino che si protrarrà per lungo tempo. In queste “Cronache grilline” analizzerò in tempo reale le risposte che il Movimento darà di volta in volta per contrastare questo declino di cui ormai pare avere assunto piena consapevolezza. L’analisi del declino di una qualsiasi organizzazione è, per uno studioso, particolarmente stimolante e interessante perché aiuta a meglio comprendere le caratteristiche fondamentali dell’organizzazione stessa e, più ancora, a capire come i dirigenti vivono e interpretano il loro ruolo e la possibilità di rilanciare l’organizzazione. Infatti la prima cosa che succede è che si cercano immediate soluzioni al problema senza troppo riflettere se quelle soluzioni risolvano davvero il problema oppure ne creino di nuovi. L’importante è fare subito qualcosa, dare un segnale immediato che si intende governare il processo, che si vuole rilanciare l’organizzazione. Inizia quindi una fase concitata di proposte, di decisioni, di provvedimenti, di ripensamenti per cercare di invertire il declino. In queste cronache, nelle prossime settimane cercherò di analizzare il comportamento del Movimento 5 Stelle per cercare di capire se quanto viene proposto è in grado di arrestare il declino, come certamente è nell’animo dei proponenti, oppure, viceversa, ne accentuerà la tendenza. Un esercizio da vecchio studioso delle organizzazioni che è sempre stato affascinato dal concetto di ciclo di vita nonché dalla frequente incapacità delle organizzazioni di correggersi in funzione dei propri errori.

Le prime risposte, stando almeno alle fonti giornalistiche sarebbero tre:

  • La costruzione di un apparato
  • La possibilità di fare alleanze locali
  • Il superamento dei limiti dei due mandati

Per chi conosca il movimento si tratta di novità dirompenti perché mettono in discussione alcuni dei principi fondamentali sui quali si è basata fino ad oggi l’esperienza politica dei 5 Stelle e, soprattutto, la sua originalità.

Non è ancora chiaro se si darà vita a un Comitato Centrale, a una segreteria, ad un insieme di responsabili regionali. In ogni caso però alcune persone, ovviamente ad oggi non si sa attraverso quali meccanismi, saranno chiamate a supportare il lavoro del capo politico. Si tratta quindi della creazione di un primo embrione di apparato amministrativo (per dirla con Weber) che contrasta con due principi di fondo sino a qui sostenuti con forza: uno vale uno; la democrazia diretta attraverso la rete. Da un lato è chiaro che chi verrà chiamato a far parte del nuovo organismo avrà un potere maggiore rispetto agli altri iscritti e militanti. Dall’altro lato la creazione di un apparato è la testimonianza che la rete da sola non è in grado di supportare adeguatamente tutto il lavoro che un partito di tali dimensioni e con responsabilità di governo deve produrre. Per gli studiosi è facile notare che si tratta di un normalissimo processo di istituzionalizzazione, del tutto atteso da tempo. Per i militanti però è un primo segnale che il modello organizzativo ipotizzato non tiene, non funziona e questa scelta fa venire meno una delle caratteristiche distintive del movimento che così facendo tende ad omogeneizzarsi agli altri partiti.

Anche la possibilità di fare alleanze pre elettorali soprattutto a livello locale rappresenta una novità assoluta che deriva dalle evidenti difficoltà che incontra il movimento nelle elezioni regionali dove, da solo, fatica a contrastare i raggruppamenti e le alleanze di più partiti supportati da liste civiche locali. Non è ben chiaro con chi potrebbero essere costruite queste alleanze posto che viene comunque escluso l’accordo con altri partiti prima delle elezioni.

Ma il dato più dirompente è rappresentato dalla possibilità di rimettere in discussione il vincolo del doppio mandato che rappresenta ad oggi la caratteristica più distintiva del movimento rispetto agli altri partiti politici. Con il limite dei due mandati si combatte strutturalmente la possibilità che si formi una nuova casta di professionisti della politica a vita, con relativi privilegi, e si riafferma il principio dell’uno vale uno senza deroghe di sorta. Una norma che nessun partito al mondo ha mai previsto e che conferma nei fatti l’originalità alternativa del movimento rispetto agli altri e il suo rigore morale. Perché allora rimettere in discussione un principio così prezioso per sottolineare la propria distintività? La prima ragione è molto semplice: il dilettantismo si combatte con l’esperienza ma se quando uno finalmente ha maturato una sufficiente esperienza non può più essere candidato bisogna ripartire con i dilettanti. La seconda ragione è più subdola e riguarda il fatto che quando uno, arrivato al secondo mandato, sa che non potrà essere più candidato è meno controllabile e potrebbe assumere posizioni non in linea con il movimento tanto a quel punto non ha più niente da perdere.

Ad oggi non ci è dato di sapere se, quali, e in che termini queste prospettive verranno portate avanti. Hanno tutte però una caratteristica in comune che è quella della omologazione del movimento ad un partito politico classico alla ricerca di una maggiore efficienza nella gestione del partito stesso.

A questo punto si pongono diversi interrogativi.

Davvero questi strumenti garantiranno una maggiore efficienza nel governo del partito?

La rinuncia a principi fino ad oggi considerati assoluti non rischia di deludere tutti coloro che avevano scelto i 5 Stelle proprio per queste loro caratteristiche originali?

Il declino del movimento dipende davvero da problemi di struttura e governo del partito e non piuttosto da problemi di strategia di medio-lungo termine?

E’ presto per rispondere a queste domande anche perché per ora parliamo solo di ipotesi e non di scelte operative. Trattandosi però di scelte deliberatamente orientate a contrastare il declino monitoreremo settimanalmente questo processo assumendo come riferimento il sondaggio settimanale SWG per il telegiornale di Mentana che al 18 febbraio collocava i 5 Stelle al 22,1 per cento. Vedremo come evolvono le cose.

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