Il lodo Conte ha trasformato la Tav in una spada di Damocle che per alcuni mesi non si abbatterà sulla testa del governo. Di questo sembrano tutti contenti perché sia gli uni che gli altri possono gridar vittoria senza alcuna prova reale di quanto vanno affermando. Ma il rinvio della decisione per il momento salva il governo e consente ai partiti che lo sostengono di dedicarsi alle prossime scadenze elettorali. E’ probabile che di qui al 26 maggio nella politica italiana non succederà niente di particolarmente dirompente almeno per quanto riguarda le dinamiche del governo. Cogliamo allora l’occasione per una riflessione sulle strategie dei principali partiti che compongono il nostro sistema politico: Lega, 5Stelle, PD, Forza Italia.
La strategia di Salvini può ben essere sintetizzata dal titolo di una vecchia canzone di Orietta Berti: ”Finche la barca va lasciala andare.” In un anno si è portato a casa sei regioni, il 50% dei voti di Forza Italia, il 30% dei voti dei 5Stelle, la leadership di fatto del governo e si appresta ad ottenere un ottimo risultato alle elezioni europee. Il tutto senza infierire sui suoi alleati ma limitandosi a sostenere con forza le sue posizioni ormai classiche. Perché cambiare quando potrebbe sottrarre ancora voti ai suoi alleati e certamente non rischia nulla da parte dell’opposizione? Se i suoi alleati non lo costringeranno a prendere posizioni per lui insostenibili e se i malumori di alcuni suoi tradizionali elettori non si tradurranno in significativi cali di consenso per lui la legislatura potrebbe davvero durare 5 anni: ha tutto da guadagnare e nulla da perdere.
La strategia di Forza Italia in realtà è una non strategia bensì una semplice attesa che Salvini “rinsavisca” e faccia cadere il governo. Della serie can che abbaia (a livello nazionale contro il governo) ma non morde (a livello locale mettendo in crisi le alleanze con la Lega). Come questa strategia possa consentire di recuperare i molti consensi persi non è dato di capire. Così come non si capisce cosa sarà di Forza Italia quando Berlusconi, per ovvie ragioni, non se ne occuperà più. Al momento l’8-10% può forse costituire lo zoccolo duro del partito berlusconiano, ma un domani questi voti andranno dispersi e in larga misura finiranno alla Lega. Ma dal partito nessuna reazione e nessuna seria riflessione sul proprio futuro; sembrano rassegnati all’idea che non esistano alternative.
La strategia del PD da oggi coincide con quella di Zingaretti che ne è il nuovo segretario: un mix tra ritorno al passato e innovazione per recuperare i consensi persi negli anni e per attirare nuovi elettori il tutto giocando su una forte discontinuità soprattutto a livello di gestione del partito. E’ ovviamente troppo presto per esprimere un qualsiasi giudizio su quanto ha in mente di fare il nuovo segretario che al momento sembra godere di un buon consenso interno e di un qualche timido recupero nelle elezioni regionali e nei sondaggi. Il vero problema per la strategia di questo partito è quello delle alleanze perché i pochi potenziali alleati sono molto deboli e con un sistema elettorale proporzionale, per quanti consensi possa recuperare il PD, è praticamente impossibile andare al governo da soli. Rifiutando, comprensibilmente, alleanze con Lega o 5Stelle diventa difficile ipotizzare una formazione che gli consenta, almeno nel breve-medio termine di guadagnare la maggioranza dei seggi in Parlamento.
La strategia dei 5Stelle, ammesso che ne esista una, è assolutamente incomprensibile. In qualsiasi partito al mondo che in un anno, per di più stando al governo, riesce a perdere così tanti consensi non solo nei sondaggi ma anche nelle elezioni amministrative, si sarebbe aperta una crisi o comunque una forte riflessione sul gruppo dirigente. Nei 5Stelle nemmeno l’ombra. La leadership non si discute così come non si discutono strategie alternative che potrebbero almeno fermare il pesante calo dei consensi già registrato ma che potrebbe continuare anche nel prossimo futuro. L’impressione è che l’unica preoccupazione sia quella di restare sempre e comunque al governo, costi quel che costi in termini di voti, nonostante i malumori interni che non si traducono però in una linea alternativa a quella dell’attuale capo politico. Sembrano sostanzialmente soddisfatti dell’idea che sia “meglio un uovo oggi che una gallina ieri”.
Se da questa ricostruzione appare chiaro che solo Lega e PD (da oggi) si muovano seguendo una strategia politicamente “razionale”, resta il fatto che il nostro sistema politico registra un vuoto strategico-strutturale anomalo e preoccupante che riguarda lo spazio politico che sta tra il PD e Forza Italia e che una volta si sarebbe chiamato “il Centro”. Su questo fronte ad oggi non esiste nulla anche se molti ne rivendicano l’utilità e l’opportunità, qualcuno timidamente avanza proposte o possibili progetti ma al momento niente si muove. Eppure si tratta di uno spazio politico che a fronte di una offerta credibile potrebbe avere una certa consistenza e potrebbe modificare la logica delle alleanze. Nel frattempo Salvini gongola.
(già apparso su mentepolitica.it del 20.3.19)