Il PD dopo le elezioni

Prima di ipotizzare soluzioni per i prossimi mesi il PD deve capire non solo il senso e la portata della sconfitta ma le ragioni profonde della stessa.

La delusione per il governo in carica è “normale” e spiega sempre una flessione elettorale.

Il ruolo certamente antipatizzante di Renzi può spiegare perché la flessione è diventata una sconfitta, ma non basta.

Se si tiene conto che metà del voto della Bonino è di gente che voleva votare PD ma non Renzi, il calo del PD è del 5%. Grave ma non drammatico.

Neanche un voto del PD è andato a Liberi e Uguali che anzi, in proporzione, ha perso molto più del PD così come hanno perso tutti i cespugli del centro sinistra. Ci troviamo quindi di fronte da un lato alla radicalizzazione dei voti che punisce i partiti piccoli (e l’idea dell’Ulivo) e dall’altro all’impossibilità di costruire alleanze intorno al PD, per mancanza di interlocutori.

L’altro grande sconfitto è Berlusconi che non ha contribuito minimamente alla crescita del centro destra, ha perso la leadership dello stesso e, soprattutto, ha perso l’appoggio dei vari moderati del centro destra che sono scomparsi riversando i loro voti sulla Lega.

Hanno perso i moderati di varia natura e origine, e questo è certamente un segnale.

Chi dice, come D’Alema, che i 5stelle sono di sinistra perché sono stati votati da gente che prima votava a sinistra, dice una sciocchezza storica. Non c’è bisogno di ricordare come e votati da chi sono nati i partiti fascisti del secolo scorso. Basta pensare che da oltre dieci anni gli operai del nord (FIOM e CGIL in primis) votano Lega, come sanno benissimo gli stessi sindacati e come risulta da tutte le analisi del voto. Non per questo possiamo considerare la Lega di sinistra. E’ difficile definire di sinistra la posizione dei 5stelle in Europa, di buona parte del loro programma, la loro governance

Il dato più preoccupante del voto nel suo complesso (trade off tra chi vince e chi perde) è la radicalizzazione del divario tra nord e sud del Paese. La cartina a colori ci dice che il nord è tutto del centro destra (che anche in Emilia Romagna ha preso più voti del PD), il sud è tutto dei 5stelle. Una parte limitata del centro è rimasta al PD.

Se guardiamo ai blocchi sociali di riferimento (Gramsci può ancora insegnare qualcosa?) il dato è molto semplice.

Da un lato abbiamo un nord industrializzato che cresce a ritmi superiori a quelli della media europea, fatto di una miriade di piccole e medie imprese e che chiede, soprattutto, meno tasse e l’abolizione della legge Fornero per mandare prima in pensione i lavoratori (del Nord).

Dall’altro abbiamo un sud che anche quando cresce cresce comunque troppo poco per riassorbire una disoccupazione endemica e chiede assistenza e cioè la rendita di cittadinanza che di per sé non crea alcuna occupazione, anzi.

L’ipotesi che i due possano mettersi d’accordo perché su alcuni punti marginali dicono la stessa cosa è destituita da ogni fondamento. I blocchi sociali di riferimento sono diversi e opposti. Lo vedete Salvini che va a spiegare agli operai, impiegati, artigiani e imprenditori del Nord che parte delle loro tasse serve a finanziare i disoccupati del Sud? Se c’è una cosa certa è che Salvini conosce bene il suo popolo, mentre non è ancora chiaro quale sia complessivamente il popolo dei 5stelle.

Il PD non può allearsi con il centro destra perché darebbe ancora voti ai 5stelle.

Ma non può allearsi nemmeno con i 5stelle perché perderebbe definitivamente i rapporti con il mondo produttivo del centro nord e quindi anche voti, questa volta alla sua destra.

Quindi il PD ha una sola possibilità che è quella di trovare una posizione intelligente, originale e convincente per tenere insieme le due Italie, compito certamente improbo che potrebbe essere facilitato da:

  • un forte rinnovamento del gruppo dirigente
  • una narrazione diversa dei problemi del Paese (Europa, sicurezza, migrazioni)
  • un programma più preciso e puntuale sul tema del lavoro e dell’inclusione sociale
  • un radicale annullamento della conflittualità interna

Se oggi si allea con l’uno o con l’altro è destinato a sicuro declino. Se riesce ad elaborare una proposta originale e fortemente unitaria può, se non vincere, almeno tornare in gioco

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