Tutti, ma proprio tutti tra politici, giornalisti, osservatori, nessuno escluso, hanno affermato che il PD a guida renziana ha perso le elezioni il 4 marzo.
Il ragionamento è molto semplice: nel 2013 il PD aveva il 25% dei voti, oggi ha il 20 (arrotondo un po’ per comodità un po’ perché parte dei voti della lista Bonino sono per il PD ma contro Renzi).
Apparentemente il ragionamento non fa una piega e invece ne fa.
Tra il 2013 e il 2018 il PD ha subito una scissione che ha portato alla nascita di MdP. La scissione non è stata un’operazione di palazzo ma ha coinvolto il partito su tutto il territorio.
Alle elezioni del 2013 il PD guidato da Bersani annoverava tra i suoi esponenti più autorevoli persone come D’Alema, Rossi, Fassina, Speranza, Civati, Bassolino, Guerra, Gotor, Migliavacca, D’Attorre, ecc.
Quanto valevano queste figure in termini elettorali? E’ difficile dirlo con precisione però si possono fare alcune stime. Se Emiliano, che stava uscendo pure lui dal PD, è accreditato, come corrente, di un 10%, che equivale al 2,5 in termini elettorali (il 10% del 25) è ragionevole ipotizzare che MdP al momento della sua uscita valesse almeno un 5% se non di più.
Quel 5% che, sommato al 5% della sinistra non PD del 2013, portava D’Alema ad ipotizzare un risultato a due cifre.
Il PD le elezioni le ha perse non il 4 marzo ma il giorno della scissione.
Il punto di riferimento corretto per valutare chi a vinto e chi ha perso, o chi ha perso di più, avrebbe dovuto essere il 20% circa per il PD (25 -5) e il 10% circa per Liberi e Uguali (5+5).
In questa prospettiva il PD non ha perso il 4 marzo o, per dirla in gergo, quel giorno ha sostanzialmente tenuto.
Liberi e Uguali ha avuto un tracollo storico ( dal 10-12 % al 3).
Ovviamente non sto affermando che il PD ha vinto. La scissione è comunque una sconfitta politica. Il trend dei voti da molti anni è in declino. Il PD non ha mai avuto un numero di parlamentari così basso. Hanno chiaramente vinto centro-destra e 5Stelle. Quindi nulla di cui gioire (per il PD) ma molte cose su cui riflettere.
I voti del PD sono andati tanto ai 5Stelle che alla Lega.
La retro sinistra estetica (Liberi e Uguali per intenderci) è storicamente finita. Alla prossima tornata elettorale quasi certamente scenderà sotto il 3%. Di questo sono consapevoli i suoi dirigenti che si sono già consegnati mani e piedi ai 5Stelle sulla base della valutazione assolutamente infondata che tutti i delusi del centro-sinistra abbiano votato 5Stelle e dell’affermazione, altrettanto infondata, che i 5Stelle siano di sinistra. In Lazio il centro sinistra ha vinto solo perché il sindaco di Amatrice ha giocato da solo indebolendo il centro destra e non perché Grasso ha sostenuto Zingaretti.
Per la prima volta nella storia il PD è l’unico partito senza nessun concorrente alla sua sinistra avendo come antagonisti tanto i 5Stelle che la Lega, il che ovviamente è un posizionamento non facile, ma nuovo. Dopo il 4 marzo nel panorama politico, lato offerta, il PD è l’unica forza di sinistra. Il PD non ha alcun interesse politico o aritmetico a ri-accogliere gli scissionisti, che nel giro di poco creerebbero una nuova corrente antagonista in alleanza con Emiliano.
La colpa di Renzi (almeno alle elezioni) non è quella di aver perso ma quella di non aver vinto, il che per qualsiasi leader è più che sufficiente a giustificare le dimissioni.
Su queste basi la riflessione del PD dovrebbe essere non meno approfondita ma più tranquilla per evitare, come si dice, di buttare il bambino con l’acqua sporca.
I vari osservatori, ma anche molti dirigenti del partito, attribuiscono la sconfitta ad una serie di fattori che possiamo così riassumere:
- tutti i partiti di governo perdono consensi alle elezioni
- alcune candidature sono state indigeste (Casini, Lorenzin, Boschi)
- il gruppo dirigente è diviso in correnti sempre in conflitto
- Renzi risulta antipatico anche a molti di coloro che condividono le sue idee
- il programma elettorale era poco incisivo e accattivante
A questo si aggiunga che il voto ha confermato l’accentuazione delle fratture, per altro non nuove, che caratterizzano il nostro Paese: nord-sud, centro-periferia, occupati-disoccupati.
Gli analisti più attenti ci dicono che i veri fattori che spiegano la vittoria dei 5Stelle e della Lega sono il reddito di cittadinanza al sud e l’abolizione della legge Fornero al nord. E su questi temi il PD è apparso particolarmente debole e in difesa.
Perché queste considerazioni, che vengono da una lettura non convenzionale dei risultati elettorali, dovrebbero essere rilevanti?
Intanto indicano con una certa chiarezza le cose sulle quali il PD è chiamato a riflettere e, soprattutto, a ripensare la sua offerta politica, senza cercare colpevoli, capri espiatori o perdersi in analisi sbagliate della realtà o, ancora, ricercare un leader straordinario. Il leader c’è già e si chiama Paolo Gentiloni (gode di larga popolarità sia all’interno che all’esterno).
In secondo luogo il PD deve evitare di dare corda alla profezia che si autoadempie: se gli stessi dirigenti dicono che hanno subito una sconfitta drammatica e, alcuni di loro, come è già accaduto, supportano la tesi che i 5Stelle siano di sinistra, allora è chiaro che si preparano da soli ad una prossima pesante sconfitta.
In terzo luogo una lettura come quella qui proposta può rafforzare l’orgoglio di partito il che, nelle situazioni difficili, non è mai una risorsa da poco. In gergo calcistico: il PD ha perso il girone d’andata ma il campionato è ancora lungo, e se lo spirito della squadra è forte…
Infine il PD non dovrebbe essere terrorizzato dal ritorno alle urne in tempi brevi. Per tutti i vincitori, soprattutto se si sono avvantaggiati del voto di protesta, esiste il rischio May (Teresa), mentre per il PD un qualsiasi risultato sopra il 20% segnerebbe un’inversione di tendenza
Se poi le elezioni del 4 marzo dovessero aver segnato davvero quella svolta epocale verso una polarizzazione 5Stelle- Lega di cui parlano alcuni, tanto vale accorciare l’agonia e evitare l’accanimento terapeutico.
Intendiamoci anche un eventuale recupero del PD alle prossime elezioni non sarebbe risolutivo ma intanto comporterebbe un corrispondente calo della Lega e dei 5Stelle e poi una cosa è trattare dal 18-20%, altro è trattare partendo da una percentuale di voti più alta. Ancora una volta se il PD non si fa male da solo, sbagliando tra l’altro l’analisi dei risultati elettorali, può giocarsi la partita.
Da cantare sull’ aria dei “I giardini di Marzo”.
E il mese arrivava e quell’uomo gridava “elezioni”
arrivò il 4 marzo e sbarrarono tutti gli occhioni
ma or l’hai fatto e lo sai cosa succede?
il nemico di ieri ti serve e gli mandi una prece
che devo fa? ‘ndo devo annà?
daje te prego famme governà
il momento ti può esser fatale
sparisci se noi torniamo a votare
Risposta sull’aria de “Il gatto e la volpe”
Quanta fretta ma dove corri dove vai?
Ti sei preso i miei voti e indietro li darai
Bastan solo 3 problemucci e tu vedrai
Che al rogo finirai.
Ciao Stefano, volevo sapere cosa ne pensi di Calenda!