Ma dove vanno i moderati

La questione del voto dei moderati e della loro collocazione nello spazio politico italiano è una questione relativamente recente che si è aperta dopo le elezioni del 4 marzo 2018. Fino a quella data infatti un elettore moderato poteva scegliere tra i tanti cespugli di centro, Forza Italia, ma anche il PD di Renzi e Gentiloni. La riforma elettorale, nelle intenzioni di chi l’ha voluta e votata avrebbe dovuto risolvere il problema alla radice creando le condizioni perché in parlamento si costituisse una grande coalizione tra PD e Forza Italia. Questo era il disegno, ovviamente ufficialmente non dichiarato, per creare un argine al grillismo crescente e per governare in sostanziale continuità coi governi precedenti che sotto molti profili avevano dato risultati complessivamente positivi.

Questo disegno, speranza, ipotesi, strategia, è completamente saltato il giorno delle elezioni perché gli stessi elettori hanno punito tutti i partiti moderati (e vecchi) e hanno invece premiato i partiti più massimalisti, estremisti, populisti. Non solo gli elettori non sono stati particolarmente moderati il 4 marzo ma in seguito hanno accentuato la radicalizzazione del sistema facendo confluire sempre più consensi sulla Lega che nel frattempo ha accentuato la sua connotazione di partito di destra.

Ma anche il PD, accusato da molti di non essere più un partito di sinistra, con il congresso e la nomina a segretario di Zingaretti ha dovuto inevitabilmente spostare il suo asse politico più a sinistra pur cercando di non perdere i voti degli elettori più moderati. Operazione difficile che se da un lato potrebbe contribuire a recuperare parte dei voti persi alle elezioni, dall’altro lato difficilmente riuscirà a presentare il PD come partito dei moderati e comunque non riuscirà a vincere le resistenze di chi è disposto a votare al centro ma non a sinistra.

Resta la questione di Forza Italia che in pochi mesi ha perso la metà dei suoi voti a favore della Lega.

La posizione di Forza Italia è particolarmente ambigua per molte ragioni. Continua a definirsi il partito dei moderati per eccellenza ma in questa fase è totalmente succube della Lega, alleato indispensabile per vincere le amministrative e governare le regioni. E’ vero che tutti i giorni gli esponenti di Forza Italia attaccano il governo ma è altrettanto evidente che non hanno nessuna intenzione di rompere l’accordo di centro destra col quale si sono presentati alle elezioni. Il chiarimento interno previsto per dopo le europee così come l’ipotesi di un nuovo partito Toti-Meloni in alleanza con la Lega, non lasciano minimamente sperare che Forza Italia possa ancora presentarsi come partito credibile per i moderati italiani. Probabilmente l’alleanza con la Lega, anche se da posizione nettamente minoritaria, rappresenta ancora per qualche tempo l’unica vera speranza di sopravvivenza di un partito ormai ridotto ai minimi termini, con un gruppo dirigente vecchio, sentimentalmente ancora legato al vecchio leader che però non ha più niente da dire.

Il risultato delle dinamiche politiche di questi mesi è che si è allargato lo spazio al centro dello schieramento politico, quello che intercorre tra PD e Forza Italia perché i due partiti hanno di fatto allargato le loro distanze e, in prospettiva, saranno portati ad allargarle ulteriormente.

Per tutti quegli elettori che cercavano e cercano un “centro (politico) di gravità permanente” la questione è sempre più difficile e delicata perché l’attuale offerta politica non consente l’espressione di un voto moderato perché non esiste il partito dei moderati che possa catalizzarne i consensi.

Ovviamente nessuno è in grado di valutare quanto potrebbe pesare il voto dei moderati qualora avessero la possibilità di esprimersi in questa direzione così come nessuno è in grado di dire quanto gli elettori di centro siano ancora disposti a votare per gli altri partiti sempre più radicalizzati.

D’altra parte non c’è nessun segnale all’orizzonte che possa far pensare che qualcosa di interessante da questo punto di vista sia in gestazione. Per creare un nuovo partito che aspiri a qualcosa di più della semplice testimonianza ci vogliono idee, leader, soldi e, ovviamente, consenso. Nulla di tutto ciò sembra imminente. Covano ovviamente i mal di pancia nei vari partiti. Si vocifera della crescente insofferenza del mondo cattolico rispetto alla situazione attuale e alle sue possibili evoluzioni ma non succede nulla di concreto. Una nuova scissione nel PD ispirata da Renzi, anche se garbata e consensuale, ha ben poche probabilità di aumentare i consensi complessivi. Calenda, da parlamentare europeo del PD non si trova nelle condizioni migliori per dar vita a un nuovo partito.

In sostanza per i moderati i tempi non sono i migliori e non lo saranno ancora per molto tempo. A meno che…

A meno che i moderati non si convincano che Di Maio ha ragione quando sostiene che i 5 Stelle sono il vero partito dei moderati. Si fa fatica a credergli ma è esattamente quello che sta cercando di accreditare negli ultimi tempi contrapponendosi sistematicamente alle posizioni più estremiste di Salvini. Staremo a vedere.

(già apparso su mentepolitica.it del 24.4.19)

 

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