Non è un errore di ortografia: è proprio Bufalo con una effe sola, cioè colui che racconta bufale.
Prendiamo ad esempio Di Maio e il reddito di cittadinanza. Lasciamo stare per ora le dimensioni macroeconomiche per le quali però bisognerebbe farsi qualche domanda del tipo: quanti ne avranno diritto posto che ogni reddito costa circa 10.000 euro all’anno (con un po’ di tredicesima) e secondo i 5Stelle “bastano” 17 miliardi all’anno? Ma i disoccupati e i titolari di pensioni inferiori a questa cifra non sono molti di più? Basta fare 17 miliardi diviso 10.000 euro per rendersene conto. E poi se la no tax area è fissata a 8.000 euro dovranno pagare il 23% sull’intera somma talchè il reddito vero diventa di 600 euro? A parte queste quisquilie da economisti vediamo altri aspetti curiosi della proposta.
Di Maio sostiene che non è una misura assistenzialista perché i titolari del reddito dovranno obbligatoriamente seguire corsi di formazione e se rifiutano tre offerte di lavoro perdono il diritto ad averlo. I 5 Stelle forse non si ricordano che per spiegare le politiche keynesiane agli studenti del primo anno di economia si diceva che se lo Stato prende un po’ di disoccupati e li mette a scavare dei buchi assolutamente inutili e poi glieli fa ricoprire dandogli apposito salario, l’economia riparte (su pressione della domanda). Il reddito di cittadinanza sarebbe una politica keynesiana senza buco, perché al posto del buco c’è la formazione.
Domanda, o meglio, domande.
Quante persone dovrebbero andare in formazione?
Dove verranno collocate fisicamente?
Chi saranno gli insegnanti?
Quante ore di formazione dovranno fare?
Quanto costa tutto questo?
Ma, soprattutto, che tipo di formazione?
L’ultima domanda fa riferimento diretto alla più grande bufala relativa al reddito di cittadinanza. Si dice infatti che il titolare può rifiutare fino a tre offerte di lavoro se queste non sono pertinenti col percorso di studi individuale e se il posto di lavoro si trova oltre i 50 km dal luogo di residenza.
L’idea che anima queste anime belle è che il problema della disoccupazione in Italia sia dovuto al cattivo funzionamento dei Centri per l’impiego e non alla mancanza di posti di lavoro. In realtà i Centri per l’impiego “funzionano” male al nord perché le aziende chiedono figure professionali che non ci sono e al sud perché i disoccupati si propongono ad aziende che non ci sono. La Confindustria stima che al centro nord ci siano più di 500.000 posti di lavoro (operai specializzati, tecnici, informatici, ingegneri, ecc.) non coperti perché mancano tali figure professionali. Per il resto domanda e offerta di lavoro si incontrano tranquillamente, quando ci sono posti disponibili, con il passaparola, i parenti dei già assunti, le agenzie di lavoro interinale e, guarda guarda, con internet ed i social!
Torniamo alla formazione. Che tipo di formazione verrà proposta, anzi imposta, ai laureati in Scienze della Comunicazione, Psicologia, Scienze Politiche, Agraria, Lettere, Giurisprudenza che, soprattutto al sud, non sono particolarmente richiesti dal mercato? Ma, soprattutto, come faranno i poveri Centri per l’impiego a trovare almeno tre posti di lavoro per ciascuno di loro entro i 50 km di distanza? Con un minimo di onestà intellettuale, senza bisogno di essere economisti più o meno keynesiani, si dovrebbe riconoscere che, data la struttura produttiva del sud, questo è impossibile e che quindi il reddito di cittadinanza, per i (relativamente) pochi che riusciranno ad accedervi sarà inevitabilmente una “pensione di cittadinanza” in attesa che lo Stato trovi per tutti un posto di lavoro vicino e coerente (sic!). Costerebbe meno dare i 780 euro e lasciarli a casa dove avrebbero due possibilità: trovarsi un qualche lavoretto in nero imparando comunque un qualche mestiere oppure, con tanto tempo libero, volersi tanto bene e fare tanti bambini di cui (si dice) l’Italia ha tanto bisogno.
Il vero business, il vero sviluppo occupazionale starà nei rinnovati Centri per l’impiego e nella pletora di formatori necessari a sostenere il programma. Ma tanti anni di esperienza di corsi di formazione sostenuti dai fondi europei e relative truffe, imbrogli, processi, condanne non fanno venire il dubbio che forse sarebbe meglio e meno costoso fargli scavare dei buchi? Oppure si pensa di mettere a capo della struttura di formazione un magistrato tipo Cantone o Davigo per evitare che mafie e mafiette, sindacatini, pseudo cooperative e tanti mini amministratori locali si fiondino su questo piatto ricco?
Ma Bufalo Bill (alias Luigi Di Maio) continua imperterrito con questa falsa narrazione ben sapendo, come dimostrano le più raffinate analisi fattoriali sul voto, che è proprio in virtù di questa bufala che al sud ha preso milioni di voti.