Le dichiarazioni recenti di Di Maio sono di straordinario interesse per quello che direttamente o indirettamente implicano o comportano. La più rilevante è quella in cui afferma l’interesse e la disponibilità a stipulare un contratto tanto con la Lega che con il PD (più o meno derenzizzato) sulla base del fatto che “noi non siamo né di destra né di sinistra”.
Questa affermazione dice molto di più di quanto non appaia a prima vista.
Intanto dovrebbe sembrare sorprendente che un partito dal 33% dei voti sia indifferente al fatto di accordarsi con uno chiaramene di destra o, in alternativa, con uno chiaramente di sinistra. Lo spessore politico del proprio posizionamento dice una sola cosa: “a noi interessa andare al governo, cioè al potere. Da soli non ce la facciamo e dobbiamo accordarci con qualcuno. Questo o quello per me pari sono”. Ora chiunque abbia un po’ di memoria ricorderà quante volte Grillo abbia detto: “non faremo mai accordi con nessuno; andremo al governo quando raggiungeremo il 51%, cioè molto presto.” Cosa è cambiato nel frattempo?
La seconda considerazione riguarda la geometria politica, tema di cui abbiamo parlato in un nostro precedente pezzo su questo blog (Le rose, l’aritmetica e la geometria politica).
Con la sua affermazione (né di destra né di sinistra) Di Maio si autocolloca al centro dello schieramento politico-parlamentare riconoscendo che il PD è di sinistra e la Lega è di destra. A questo punto al centro si trovano due partiti: Forza Italia e 5Stelle. Mi pare evidente che tra i due il più moderato sia Forza Italia e quindi i 5Stelle si collocano alla destra di Forza Italia e a stretto contatto con la Lega. Il risultato è quello che avevo anticipato nel mio pezzo appena citato: la geometria politica attuale prevede, da sinistra a destra: PD, Forza Italia, 5Stelle, Lega. E questa volta non lo dico io, ma lo stesso Di Maio. Si conferma ancora una volta quanto andiamo sostenendo Paolo Feltrin ed io e cioè che Lega e 5Stelle rappresentano lo stesso “animus” politico con una sola differenza: i primi sono e restano la Lega nord mentre i secondi sono diventati a tutti gli effetti la Lega sud.
Al piacere di avere anticipato un’analisi (non una previsione) che viene confermata dai fatti si affianca il piacere di pensare allo stato d’animo di tutte quelle anime belle della sinistra che all’indomani delle elezioni, senza nemmeno avere avuto il tempo di leggere e studiare con attenzione i risultati elettorali, hanno affermato che i 5Stelle sono di sinistra, anzi, sono la nuova sinistra con la quale bisogna confrontarsi e convergere. Tanto per non fare nomi mi riferisco a Liberi e Uguali, a una parte del PD, e a molti intellettuali di area.
Liberi e Uguali rappresenta oggi una modesta testimonianza di un passato che fu (e che non tornerà più). Politicamente e aritmeticamente sono così irrilevanti che nessuno li considera, nemmeno coloro ai quali hanno offerto inopinatamente i loro voti e il loro appoggio. Quando qualcuno di loro parla dice cose vaghe e ambigue, tutte assolutamente a forte connotazione ideologica. Sarà sempre più difficile per loro sostenere la tesi che i 5Stelle rappresentano la nuova sinistra e, prima o poi, se ne accorgeranno e si ritroveranno orfani. In particolare soffrono coloro che hanno lasciato “la ditta” solo per combattere Renzi e adesso, dopo il disastro elettorale, che ha democraticamente e clamorosamente smentito le loro posizioni, vorrebbero rientrare nel PD.
Qualche anima bella aleggia anche nel PD e non a caso in coloro che erano più vicini agli scissionisti e che hanno già dichiarato che bisogna a tutti i costi farli rientrare mentre al contempo si deve aprire ai 5Stelle. Ma esiste un limite all’insipienza politica?
Almeno però gli uni e gli altri fanno politica, credono in quel che fanno e pagano per gli errori che fanno. Invece gli intellettuali d’area, gli osservatori e commentatori, quelli che non fanno politica e non vivono di politica e avrebbero il tempo di pensare, riflettere e analizzare, danno consigli perentori a destra e a manca tanto, comunque vadano le cose, per loro personalmente non cambia niente. Hanno davvero la faccia di bronzo (per non ricorrere alla molto più efficace metafora di Giachetti).
Sono anni che non azzeccano un’analisi e tanto meno una previsione. Parlano del popolo e del mondo operaio come fosse una categoria dello spirito descritta dai libri che hanno letto un tempo. Non hanno la più pallida idea di cosa abbia comportato e comporti concretamente la globalizzazione per tutto il mondo produttivo, perché i loro posti di lavoro sono ipergarantiti e esclusi dalla concorrenza internazionale (in questo senso sono anche dei provinciali).
Bene. Senza fare i nomi di costoro, che per altro si sono tutti espressi pubblicamente perché amano andare in televisione e scrivere sui giornali (i nomi peraltro li ha già fatti Mieli sul Corriere), mi piacerebbe sapere come reagiscono al fatto che i grillini si sono autocollocati al centro dello schieramento, con inevitabili scivolamenti a destra.
Non vorrei, con la faccia che hanno, che ci spiegassero che, in realtà, i grillini al momento sono “compagni che sbagliano”. Ma l’idea che qualche volta sono loro, i presunti intellettuali, quelli che sbagliano non li sfiora mai?