Se fossi un dirigente del PD

Se fossi un dirigente del PD partirei da una semplice constatazione che è quella della irrilevanza aritmetica dei nostri gruppi parlamentari. Irrilevanza perché con i nostri numeri non saremmo comunque in grado di sostenere né il Centro Destra di Salvini né la nuova destra di Di Maio.

In realtà abbiamo di fronte due prospettive così diverse tra di loro che la vita del nostro partito cambierebbe profondamente a seconda che si verificasse l’una o l’altra.

La prima prospettiva, l’unica aritmeticamente possibile, è un accordo di legislatura tra 5Stelle e Centro Destra. Avrebbe una tale maggioranza di voti e di seggi (intorno al 70%) da poter scontare nel tempo anche numerose defezioni.

La seconda è che non si realizzi questo accordo e che in tempi più o meno brevi e con qualche intermezzo “istituzionale” (per la eventuale riforma della legge elettorale) si torni al voto.

Cosa cambia per il PD?

Nel primo caso il PD rischia di avere 5 anni di tempo per ripensarsi profondamente. Con questi numeri non farebbe nemmeno opposizione reale ma semplice testimonianza. Sarebbe di fatto escluso dall’arena parlamentare e potrebbe dedicarsi alla ricostruzione del partito e del suo insediamento sociale. Non avendo nulla da spartirsi per molti anni i diversi leader potrebbero dedicare le loro energie a pensare a come connotare una sinistra di governo in un mondo globalizzato costruendo una visione di medio lungo termine che non può essere la semplice gestione efficiente e ragionevole degli affari di governo, come è apparso in questi anni. Potrebbe fare un vero, lungo e approfondito congresso dove a confrontarsi potrebbero essere davvero le idee e non le mini leadership di cui abbonda oggi il partito ricercando, con calma, un leader visionario, un vero e proprio “leader istituzionale”, come direbbe Selznick. Una prospettiva per molti versi affascinante libera da ogni responsabilità di governo ma anche, sostanzialmente, di opposizione.

Nel secondo caso, elezioni a tempi più o meno brevi, il PD dovrebbe attrezzarsi per una campagna elettorale profondamente diversa da quella appena conclusa.

Nell’immediato dovrebbe evitare di fare aperture di credito ai grillini, prossimi avversari alle elezioni, favorendo l’idea che sotto sotto sono di sinistra. Non è vero, sono di destra come la Lega con la sola differenza che sono forti al sud invece che al nord.

Dovrebbe evitare di perdere tempo sull’ipotesi di ri-accogliere gli scissionisti. Non per ripicca, che in politica non esiste, ma perché con queste elezioni sono usciti dalla storia e se rientrassero nel PD farebbero perdere ulteriori voti.

Dovrebbe evitare di perdere tempo alla ricerca del segretario compatibile con le correnti. Per le elezioni ci vuole un vincente, c’è già e si chiama Paolo Gentiloni.

Dovrebbe concentrarsi su programma e candidature.

Scordarsi quanto fatto al governo in questi anni perché agli elettori non interessa.

Individuare 4-5 messaggi secchi, chiari, evocativi del programma sottostante e, perché no, anche un po’ demagogici su:

  • Fisco
  • Lavoro
  • Welfare
  • Sicurezza
  • Europa

Per quanto riguarda le elezioni non ha alcun senso insistere sulle coalizioni che hanno dimostrato di essere aritmeticamente dispersive e politicamente controproducenti.

Il PD può tranquillamente presentarsi come l’unica forza (rimasta) di sinistra

Sulle candidature bisogna avere il coraggio di eliminare tutti coloro che fanno perdere voti (anche se magari il loro seggio blindato lo vincono) e che creano disorientamento nell’elettorato.

Una qualche riduzione dei burocrati di partito a favore di qualche rappresentante reale del mondo reale (mi rifiuto di usare il termine società civile perché è una contraddizione in termini) potrebbe aiutare a smantellare quell’idea di casta che comunque aleggia tra gli elettori quando vedono riproporsi sistematicamente le stesse facce.

Persino i 5Stelle per i collegi uninominali e per il loro presunto governo hanno pescato al di fuori dei militanti tradizionali ricercando, come dicono loro, le più alte competenze al servizio del Paese. Non credo che su questo versante il PD avrebbe delle difficoltà a qualificare la sua offerta politica.

Nelle prossime settimane il quadro dovrebbe chiarirsi: elezioni o governo di legislatura?

Al momento una sola cosa è certa: quello che pensa il PD sulla questione è irrilevante. I giochi li fanno altri. Nel frattempo un po’ di stile non guasterebbe. Poi, in un modo o nell’altro, si ricomincia a far politica.

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