Prima di affrontare il quadro di Forza Italia è necessario fare due premesse.
Il quadro che vedremo si riferisce al partito di oggi e non a quello “glorioso” dei suoi primi 10 anni di vita.
Vi accorgerete che, a differenza di altri quadri di questa mostra, che presentano spesso tinte forti, tratti di pennello incisivi, qui i colori sono più tenui, più sfumati. Alla fine capirete il perché di questa scelta pittorica, di questa differenza cromatica.
Questa volta partiremo dalle polarizzazioni, cercando di capire come si colloca Forza Italia nell’ambito delle cinque fratture che abbiamo utilizzato per capire se un partito è neo conservatore o post riformista.
Credo si possa convenire sul fatto che F.I. sia tendenzialmente populista ma in modo diverso da altri partiti. Il suo populismo non si contrappone a tutte le elite indistintamente ma solo a quelle politiche, cioè a coloro che sanno fare solo politica e che vivono di politica, sono attaccati alle poltrone perché non saprebbero che altro fare. La cosa è chiarissima quando Berlusconi dichiara: “I grillini sono pericolosi e inadatti a governare perché in vita loro non hanno mai lavorato e, se andassero al governo, spenderebbero i nostri soldi per dare uno stipendio mensile, una vera e propria pensione sociale, a tutti quelli che non hanno voglia di lavorare”.
Un populismo potremmo dire meno radicale, meno estremista che si basa su una convinzione di fondo. Il Paese, qualunque paese, deve essere governato da quella parte della società civile che nella vita di tutti i giorni ha dimostrato di eccellere in tutti i campi dell’agire umano: l’impresa, l’economia, le professioni, lo sport, e così via e non quindi da persone mediocri, banali, “normali”, tanto meno da politici di professione.
In questo senso F.I. è più elitista che populista. In realtà quello che la fa apparire più populista di quanto non sia risiede nella scelta comunicativa che l’ha caratterizzata fin dalla sua fondazione: rivolgersi esplicitamente con la massima chiarezza e semplicità a tutti gli elettori, a partire dalle casalinghe, esattamente come fanno tutte le televisioni commerciali. I più, a suo tempo, snobbarono questa nuova ma volgare concezione della politica. E Berlusconi, da un giorno all’altro, stravinse le elezioni del ’94 battendo la “gioiosa macchina da guerra” della “vecchia” politica.
Questa illustrazione del populismo di F.I. ci esime dall’affrontare direttamente anche la questione competenti vs. incompetenti per passare direttamente a sovranisti vs. cosmopoliti.
Forza Italia è certamente e direi quasi necessariamente, cosmopolita per una ragione molto semplice: quando esalti come valore assoluto il valore dell’impresa, di qualunque impresa, piccola e grande che sia, in una economia globalizzata non puoi che essere cosmopolita. Magari un “cosmopolita critico” ma pur sempre un cosmopolita. I sospetti di sovranismo che a volte il partito ingenera ci parlano però, a ben guardare, di un sovranismo diverso, di attacco e non di difesa. Il sogno, prima ancora che il disegno politico, è quello di affermare il primato dell’Italia “contro” gli altri paesi più che di difendere il nostro Paese dalle interferenze economiche e politiche degli altri. Gli attacchi spesso anche pesanti contro l’Europa non sono contro l’istituzione in quanto tale bensì contro quei leader, quei paesi che non vogliono riconoscere il peso, il ruolo, il valore dell’Italia. I “nemici” non sono gli altri paesi europei e tanto meno l’Europa, ma solo la Merkel e Sarkozy che vogliono dominare. Il sovranismo di Forza Italia e certamente quello di Berlusconi potrebbe essere definito una sorta di “made inItaly politico” e non solo economico.
La posizione di questo partito nella contrapposizione naturalisti vs. relativisti ed in quella sbrigativi vs. riflessivi è piuttosto chiara. L’ambiente va certamente rispettato ma non può frenare il progresso classicamente inteso. Il “tempo è denaro” e quindi anche in politica bisogna sbrigarsi e non perdersi in interminabili discussioni inutili. Più complessa e più sfumata è la posizione rispetto ad altri aspetti della stessa polarizzazione; infatti all’interno dello stesso partito e del mondo che rappresenta troviamo spesso posizioni diverse. Credo che la ragione più profonda di questa posizione non chiara sia da attribuire al fatto che i temi che discriminano tra naturalisti e relativisti attengano alla coscienza prima ancora che alla politica.
In Forza Italia convivono concezioni del mondo che spesso nella storia sono state radicalmente antagoniste: da un lato la cultura cattolica, dall’altro quella socialista ma anche quella liberale. Queste radici profonde emergono tutte le volte in cui all’ordine del giorno ci sono temi relativi ai diritti civili, intesi in senso lato, a forte valenza etica più che politica. Un qualsiasi posizione forte del partito da una parte o dall’altra, scontenterebbe l’altra parte all’interno dello stesso partito. Di qui un posizionamento che a molti può sembrare ambiguo, altalenante, contraddittorio, ipocrita. Se fosse possibile Forza Italia espungerebbe volentieri questi temi dal dibattito politico.
Quello che in pittura identifichiamo come “tratti leggeri e colori tenui” in politica si chiama moderazione. Non solo la posizione di questo partito colpisce perché su alcune questioni divisive sta da una parte e ci si aspetterebbe, di conseguenza, un “coerente” posizionamento sulle altre questioni, come è riscontrabile in altri partiti, ma anche quando si schiera le posizioni non sono mai radicali, estremiste bensì appunto moderate.
Per alcuni aspetti Forza Italia è un partito neo conservatore; per altri un partito post riformista. Un partito che oscilla da un polo all’altro ma non per insipienza bensì per scelta lucida e consapevole.
Questo posizionamento non mette in discussione, il nostro modello interpretativo basato sulle polarizzazioni, sul riflesso politico delle fratture sociali.
Non è un problema di metodo è un problema politico che pone una domanda alla quale è difficile rispondere: “Che spazio c’è oggi nel mondo occidentale per partiti moderati, ragionevoli, non radicali ed estremisti?”. Oppure: “E’ inevitabile che le vere democrazie, quelle in cui elezioni, stampa, propaganda, sono davvero libere tendano inesorabilmente alla radicalizzazione, all’estremizzazione, allo scontro invece che al confronto?”.
Ovviamente questo non è il “problema specifico” di Forza Italia è il problema di tutti coloro che, a prescindere da come uno la pensa, vorrebbero che la politica fosse scelta consapevole, confronto ragionato e documentato e non propaganda, banalizzazione, insulto.
Il problema specifico di Forza Italia è quello della successione di Berlusconi che, per la storia e l’esperienza di questo partito, riassume in sé anche la questione politica della collocazione di Forza Italia nell’ambito di quella coalizione di Centro Destra che lo stesso Berlusconi ha fortemente voluto, ha saputo realizzare, e ha guidato fino, appunto, al momento della successione.
La questione ci presente l’altra faccia della routinizzazione del carisma. Con i 5 Stelle abbiamo visto che il problema è quello della costruzione di un “apparato amministrativo” in grado di sostenere la rapida crescita e diffusione delle idee del movimento/partito propugnate dal leader.
In questo caso la routinizzazione del carisma prospetta il problema della “sostituzione” del leader quando questi per le ragioni più disparate (malattia, infortuni, condanne penali e, sempre e comunque, anagrafiche) non è più nelle condizioni di guidare il partito da lui fondato. Il “partito personale” entra in crisi perché la persona del leader incarna tutto di quel partito (idee, valori, strategie, consenso) e la sua assenza ne mette in crisi l’organizzazione e, al limite, la sopravvivenza.
La versione più soft del problema si presenta quando il leader, per ragioni familiari, personali, giudiziarie o di salute) perde quello “smalto” che aveva caratterizzato la sua ascesa, il suo successo.
La risposta a questo problema ci porta direttamente al “segnale” che il caso Forza Italia ci da e di cui è puntuale indicatore.
Come è noto Berlusconi ha fatto di tutto per trovare un erede, un delfino, al quale lasciare la sua creazione. Ci ha provato con Fini, con Alfano, Toti, Parisi e Taiani. E non c’è riuscito perché non poteva riuscirci. In tutte le organizzazioni carismatiche (partiti, imprese, sette religiose, associazioni sportive, ricreative e culturali) la sostituzione “adeguata” del leader è un problema difficile che comporta sempre una crisi di transizione, a volte anche esiziale. Procedure di tipo democratico, come assemblee, congressi, primarie non risolvono il problema perché non sono nella natura, nella storia, nella consuetudine, nella cultura di qualsiasi organizzazione che debba la sua nascita e il suo successo, quasi esclusivamente, ad una singola persona. E’ inutile cercare un delfino o programmare per tempo la sua individuazione e la sua crescita. Il delfino, se c’è, emerge da solo senza seguire percorsi e procedure altrimenti non sarebbe, per definizione, un leader carismatico ma un banale, ancorchè bravo, burocrate di partito, che è tutt’altra cosa.
In questo momento per Forza Italia questo è il “problema specifico” che condiziona le sue prospettive per il futuro. Con freddezza e con un po’ di cinismo si può apprezzare la continua e martellante affermazione “Berlusconi è e sarà sempre il nostro leader” come espressione emotiva del riconoscimento che molti gli vogliono tributare. Resta il fatto che questa dimostrazione più d’affetto che politica, come merita ogni vero leader, nella realtà è un semplice ma anche banale tentativo di rinviare un problema tanto ineludibile quanto difficile se non impossibile da risolvere.