All’ultimo quadro dell’esposizione dedicheremo poco tempo non perché sia l’ultimo ma perché è l’unico che, a differenza di tutti gli altri, riprende un numero molto elevato di partiti, di tutti quei partiti che alle elezioni del 4 marzo 2018 hanno ottenuto un numero di voti inferiore al 5%. Questo rende impossibile applicare tutti i parametri che abbiamo utilizzato per leggere gli altri quadri. Ci limiteremo quindi ad alcune semplici considerazioni.
Osservando bene possiamo fare una prima distinzione: da un lato troviamo due partiti (Liberi e Uguali e Fratelli d’Italia) che hanno superato lo sbarramento del 3%; dall’altro tutti quelli che non solo non l’hanno superato ma che, nella maggioranza dei casi sono stati sotto la soglia dell’1%.
La seconda distinzione riguarda i partiti “vecchi”, cioè eredi e testimoni di un passato ben più glorioso e numericamente consistente, che provengono tanto da destra che da sinistra e che, proprio per la loro origine novecentesca, possono ancora essere etichettati in questo modo; si distinguono da una pletora di partiti “nuovi”, partiti o movimenti o gruppi che solo in tempi recenti si sono presentati, senza successo, nell’agone della politica.
L’elemento però che rende più difficile l’applicazione dei parametri che abbiamo fin qui utilizzato è il fatto che tutti indistintamente si collocano lungo l’intero “arco costituzionale”, per usare una vecchia terminologia e quindi è impossibile, per esempio, collocarli insieme nell’ambito delle nuove polarizzazioni alle quali ci siamo ormai abituati.
Per la verità anche in questo caso si potrebbe procedere nell’analisi così come abbiamo fatto fino ad ora; ma questo richiederebbe da un lato molto tempo e dall’altro sarebbe abbastanza inutile. Senza nulla togliere al valore di testimonianza che in democrazia ha sempre qualsiasi partito ancorchè minuscolo, dobbiamo riconoscere che la loro irrilevanza aritmetica prima ancora che politica, irrilevanza che potrebbe durare anche per lungo tempo, li rende oggettivamente meno interessanti.
Concentriamoci allora sui due partiti maggiori tra quelli minori e procediamo per contrapposizione, per raffronto.
Fratelli d’Italia e Liberi e Uguali sono estremamente interessanti perché rivendicano con orgoglio di essere l’uno di destra e l’altro di sinistra, quasi a sottolineare che tutto quello che siamo venuti dicendo fin qui, riassumibile nell’idea che la dicotomia destra-sinistra sia superata, è sostanzialmente sbagliato. Al contrario. Secondo loro le due vecchie e care parole continuano ad esprimere sinteticamente un insieme di valori universali, che non hanno tempo, in quanto rappresentano una polarizzazione, una vera e propria contrapposizione antagonista, che vede da un lato il proletariato, i più deboli, gli sfruttati e, dall’altro la patria, la chiesa, la famiglia. Da che mondo è mondo, è sempre stato, grossomodo, così e sarà sempre così. Allora tanto vale tenersi cari questi due simboli, questi due termini, che in realtà sono due vere e proprie gloriose bandiere.
Ho voluto richiamare l’attenzione su questo aspetto comune a due forze opposte, perché ci ricorda che, ancora oggi, due partiti che comunque in perfetta autonomia hanno superato la soglia del 3% dei voti espressi dagli italiani, non solo non si “vergognano” ma rivendicano con orgoglio il fatto di essere retaggio del passato, nella convinzione che, sotto sotto, anche tutti gli altri che fanno di tutto per sembrare nuovi e moderni alla fin fine o sono di destra o sono di sinistra.
La loro evidente e totale contrapposizione rende superflua l’analisi delle nuove polarizzazioni. Gli uni si collocano da una parte di tutte le nuove fratture e gli altri dalla parte opposta. Le sfumature e le specificazioni sono minime e, tutto sommato, marginali, almeno nella prospettiva che abbiamo fin qui utilizzato. Posto quindi che abbiamo visto come il segnale, l’indicatore della loro presenza nell’arena politica sia quello della persistenza, del “congelamento” delle vecchie fratture (Rokkan), non ci resta che analizzare brevemente la questione del “problema specifico”.
Per Liberi e Uguali il problema è la possibilità/utilità politica di passare da un improvvisato (per ragioni di tempo) cartello elettorale ad un vero e proprio nuovo partito della sinistra. E’ un problema perché i risultati delle elezioni del 4 marzo indicano che i temi classici della sinistra, che in quella campagna elettorale si concentravano nella proposta di abolizione del jobs act, nel ripristino dell’articolo 18, e nell’allargamento delle prestazioni sanitarie, non hanno assolutamente raccolto il consenso dei cittadini. In proporzione Liberi e Uguali è il partito che ha perso più voti rispetto alle elezioni del 2013. La speranza è che la configurazione del nuovo governo, che molti definiscono il più a destra nella storia d’Italia, possa “riportare a casa” i voti di tutti quei cittadini che, in assoluta buona fede, credevano che i 5 Stelle rappresentassero davvero la nuova sinistra.
Per Fratelli d’Italia al momento il quadro generale ha tinte meno fosche. Nelle stesse elezioni ha più che raddoppiato i consensi e quintuplicato i seggi e quindi guarda al futuro da vincente e non da perdente il che in politica aiuta sempre. Il problema specifico è quello della collocazione all’interno di una coalizione, il centro destra dove, il partito più piccolo evidentemente è “condizionato” dai due più grandi. E’ un problema perché la scelta tra convergere verso il partito unico del centro destra o, viceversa, mantenere la propria specifica identità e autonomia, non è solo una questione di contingente convenienza politica ma mette in discussione quei valori fondamentali che Fratelli d’Italia ha difeso e difende con caparbia convinzione e che, almeno ad oggi, “spiegano” le ragioni del suo successo. Un successo limitato se volete, ma pur sempre un successo che, per chi intende, onestamente, la politica come professione, come Beruf(come direbbe sempre l’ormai “nostro” amico Max Weber, che andrebbe ringraziato per la preziosa assistenza che ci ha fornito in questo lungo viaggio in due tappe, magari ripromettendosi di andarselo a leggere di prima mano) non è poca cosa.